GRAZIE, ZIO

Ieri ricorrevano i 6 anni dalla scomparsa di Francesco Focardi ed ho deciso di ripubblicare il ricordo che fece Alberto a pochi giorni dalla scomparsa. Spiegare chi fosse e quale ruolo fondamentale abbia avuto nel modo del piping italiano non è facile da spiegare in questo mondo interconnesso dove tutto è raggiungibile ed acquistabile con un click. Vi basti sapere che probabilmente i gathering, le spring school ed il Big stesso probabilmente non sarebbero esistiti senza di lui e degli incontri organizzati in un vecchia e “sgarrupata” casa colonica isolate nelle colline toscane. Allego anche, in fondo all’ articolo alcune foto fatte in quel casolare di Cetine. Questo nome non dovrebbe suonarvi del tutto nuovo. Riconoscerete nelle foto personaggi tuttora attivi nel piping italiano.

             

Francesco Focardi

Un breve ricordo di Alberto Massi

C’era un motivo se lo chiamavamo tutti “Zio”.

Perché era riferimento, ma non era padre. Come quegli zii buoni che dicevano una bugia ai tuoi genitori per portarti a fare il bagno al fiume, con la Vespa.

Ecco, Francesco era il nostro Zio.

Cetine era casa sua, e lì arrivavamo sempre emozionati, convinti che ancora una volta sarebbe successo di sicuro qualcosa da ricordare.

Intanto, nelle settimane che precedevano l’incontro, tutti a telefonare allo Zio: trovami il filo, trovami la pece, trovami quello spartito, trovami delle ance buone. No, non si cliccava su un sito a quei tempi, non c’era lo shop dell’API. Si telefonava a lui. E lui chiama i suoi contatti, e riprova, e insiste, e si raccomanda perché la roba arrivi in tempo, e gli spartiti li cerca in un cumulo di carte in cui sembra impossibile raccapezzarsi, ma lo Zio è lo Zio e ce la fa sempre.

Non si sa in quale tempo e in quale modo, lui che per tutto il giorno, tutti i giorni, è lontano da casa. Ma lo Zio ti accontenta, sempre, e ti porta con lui a divertirti. Il servizio, il servizio a tutti noi.

Il venerdì chiede rinforzi per portare le tonnellate di roba che Rossana, Rossana scusami son qui che parlo dello Zio e non di te, perché tu sei con noi, sei dei nostri, tu e Agnese siete del BIG proprio come noi, che Rossana dicevo ci ha preparato, assieme al mitico menu da attaccare al frigorifero che ci obbliga, uh che obbligo tremendo da onorare!, ad abbinamenti perfetti di pietanze.

Poi bisogna prendere il vino, e infine portare su il tutto. Piano, Zio, piano, non così in fretta. “Si fa presto a fare tardi”, dice lui. E sballottando si sale su, si apre casa, si accende il fumoso fuoco, si dà aria alle stanze, si mette a posto la roba.

“Guarda, ho fatto fare questo, che dici?”

“Zio… è favolosa! Hai messo i ring di argento alla tua Tweedie… (o è una Sinclair? Non lo sapremo mai, lo sa solo Riccardo e il segreto lui lo sa tenere) Ma perché non me l’hai fatta vedere prima?” “Perché prima volevo che fosse tutto a posto, per quando arrivano i ragazzi”.

Il servizio, il servizio a tutti noi.

Per anni, anni e anni, non c’è problema, ci penso io, lo faccio io, tranquillo, ci pensa lo Zio, ci ha pensato lo Zio.

E lo stage che scorre, come un piccolo grande film in cui ognuno di noi ha la sua brava particina, e lo Zio non è lì che dirige, no, anche quello lo fa fare ai ragazzi, lui è lì che si gode i nostri sorrisi e la nostra gratitudine sincera.

Il sabato sera aspetta il momento di minore calca e con calma va a prendersi la sua Tweedie, la accorda con cura, e suona, suona “Sweet Maid of Barra”, “Farewell to Nigg”, “Siege of Delhi”.

Suona con noi, lo Zio, anzi per noi. Il servizio, il servizio a tutti noi.

Quando lo stage finisce facciamo la fila e andiamo dallo Zio a pagare. Lui ci dice il totale e aggiunge: “Va bene?”

Sì bene, benissimo anzi, grazie, grazie davvero, grazie Zio.