SCENE DI VIOLENZA

Il nostro eroe Può avere due tipi di custodia: o l’ultimissimissimo modello con termostato, minibar e deumidificatore, o un tascapane in pelle di facocero celtico che alcuni antichi clan usavano anche per andare all’ipercoop la domenica pomeriggio.

In entrambi i casi all’apertura dell’involucro si nota che, forse imitando la capretta di compagnia presente nelle stalle dei cavalli da corsa, il nostro eroe allieta le ore della Nobile Signora con:
pettine scatola di preservativi ultimo libro di vespa bandiera della spal e rivista mondosudoku.
In versione femminile avremo:
spazzola depilzero ultimo libro della tamaro amicacasa e il microscopio a scansione per le doppie punte.

Scavando con alacre impegno tra le suddette macerie si giunge alle componenti tecnicamente accettate come ufficiali dello strumento.
La sacca è stata riposta in una posa da contorsionista bulgara a fine carriera e sembra dire, pietà, parlerò.
I bordoni si comportano tra loro da perfetti sconosciuti e assumono le sembianze tipiche del sarago fasciato essendo avviluppati dalle fitte trame del chord, la cui rete fitta e introspettiva suggerisce una soluzione gordiana o, in alternativa, un quarto d’oretta buono buono per liberare gli ittici legni.
Il montaggio è piuttosto una dimostrazione pratica della importantissima legge dell’entropia, per cui le molecole dell’universo tendono per loro natura ad assumere una disposizione disordinata.
Alla fine, però, i bordoni sono montati.
Si può notare, con uno sguardo più attento, che il tuning slide superiore del bordone basso è talmente lontano dalla sua posizione canonica che ci vorrà uno sherpa nepalese per farlo risalire fino a lassù.

Il nostro eroe adesso, con lo stesso movimento tipico del gatto quando, di fianco a lui, l’incauto topolino smuove l’erbetta, piomba sul chanter. Ne rimuove con nonchalance il false stock – operazione incauta già costatagli un container di ance – e in preda a un raptus erotico la pone in ambiente saturo di umidità e residui di cacciucco sbaciucchiandola per svariegati minuti. Dopoché esegue il classico test di affidabilità della stessa.

Alcuni studiosi hanno paragonato la metodica di questo ed altri eroi al sanscrito, ai dialetti baschi della costa e all’ungro-finnico, quanto ad intelligibilità e chiarezza. Non è chiaro infatti come, da quella serie di inarticolati rantoli, buchi mancati, note a mezz’asta, crossing noise più lunghi delle note stesse, egli possa valutare l’efficienza della malcapitata. Anzi, a dire il vero sembra che quella si stia quasi per suicidare, gettandosi con lo spigolo addosso allo stock, ma ormai nulla può fermare l’impeto bellico, e anche il chanter raggiunge gli altri prigionieri nel lager a cinque tubi.

Assumendo la tipica posa del lanciatore di tronchi, testa a cassetta, mani altezza genitali e braccia lungo i fianchi, il nostro immette aria e materiale radiattivo dentro al lager, il che causa una rivolta all’interno dello stesso, che si mette a divincolarsi come il coccodrillo che lotta contro tarzan.
La stretta del nostro non molla, anzi, le sue membra celtiche d’acciaio stringono il ribelle che, infatti, si mette a gemere e ululare dal dolore.
La sacca ormai doma va a posizionarsi sotto la biochimicamente peculiare area dell’ascella del nostro, che quindi, ormai assunto il controllo della situazione, pone la sua attenzione a un dettaglio a lui caro, l’accordatura.

Il gesto con cui porta la sua mano destra verso i bordoni ricorda molto le persone a cui venga scagliato un gatto sulla schiena, o la nostra ragazza quando gli diciamo “oh, guarda che bel ragnetto che hai sulla spalla”. Infatti i bordoni si spaventano e imitano sempre più il coro della Medea mentre l’high A del chanter si esibisce in una simulazione da fermo dell’effetto Doppler.

Dopo numerosi movimenti, che definiremo per brevità stocastici, lungo i vari tuning slide, il nostro dà un’occhiata al pubblico come a dire “ci siamo vero?”, gesto questo mutuato da altri artisti come Pollini, Ughi e Benedetti Michelangeli.
A questo punto, come dal brodo primordiale emersero le prime forme di vita, dal fragoroso caos del chanter completamente scordato, dai bordoni che sembrano accordati su tre note diverse, ecco uscire una melodia, sì insomma una linea melodica, vabbè dai più o meno un insieme di note, ok lo ammetto una macedonia acustica che, attraverso il riesame della registrazione su audiometri multitraccia fatta dal RIS, risulterà poi essere Green Hills.
Il brano viene preso, accelerato, anticipato, incrociato, mutilato, storpiato, masticato e risputato dopo una decina di passaggi dentro lo sbriciolarifiuti.
Il nostro, esausto, termina l’esibizione mentre il leviatano da spalla con l’ultimo straziante gemito si accascia, non più sostenuto dall’aria, alla sua sinistra.

Il pubblico applaude.
Un altro grande momento di musica, un altro servizio reso alla Nobile Signora, alla sua musica, all’arte.

Un altro trionfo della libertà obbligatoria.