AULD LANG SYNE

Vi è mai capitato di andare in edicola e comprare una rivista, o un giornale, e di scoprire, una volta sfogliato, che solo un articolo valeva la pena di essere letto? Sicuramente sì, come vi sarà capitato di comprare un disco (vinile o cd) e restare sconcertati dalla roba che c’è dentro.

Be’, sono cose che capitano.

Magari vi siete fidati della copertina, o conoscevate altre pubblicazioni della stessa casa editrice/discografica…

Certo, è anche imbarazzante dover ammettere di aver fatto un acquisto così incauto (a voler usare un eufemismo).


Be’, vedete… è la stessa cosa che è capitata a me.

Ecco, l’ho detto. Cosa penserete di me adesso?

Non importa. In queste pagine ho parlato di grandi cd, di grandi piper e di produzioni magari meno note ma comunque di alto livello.

Ogni tanto, però, bisogna pur parlare di cd meno grandi, di produzioni meno note e di livello meno alto.

E i piper? Saranno anch’essi meno grandi?

Piano, e ci arriveremo.

Ebbi con uno degli amici del BIG uno scambio di mail, a suo tempo, quando segnalai questo doppio cd della Recording Arts – Dejavu Retro sulla mailing list. Il sottotitolo recita: ‘The Music of Scotland’, e il mio interlocutore scrisse (giustamente) che si tratta del corrispettivo di ‘Carosello Napoletano’.

Aggiunse una cosa, in calce al suo messaggio: ‘Dobbiamo proprio parlare di questo cd?’ La mia opinione, ora come allora, è la stessa: sì.

Se non altro, per mettere in guardia potenziali acquirenti e/o interessati dallo spendere soldi inutilmente. Anche se, a volte…

Una parola sulla casa discografica. Probabilmente avrete visto questi cofanetti in vari negozi di dischi: sono ben curati, hanno una confezione sicuramente accattivante e, soprattutto, spaziano per ogni dove nel mare magnum della musica mondiale.

Nella serie ‘Gold Collection’ troverete dai cori degli Alpini a Edith Piaf, dal tango cantato di Carlos Gardel a Enrico Caruso, dalla musica tradizionale sarda a Rosa Balistreri, dai grandi del jazz al reggae, dalle musiche per film a Frank Sinatra e Woody Guthrie… ad alcune miscellanee di musiche irlandesi, scozzesi, bretoni, galiziane e via discorrendo. E devo dire di aver trovato buoni prodotti, in alcuni casi eccellenti, di cui non mi sono pentito.

Ne ho trovati tre relativi al mondo ‘celtico’: le miscellanee di cui sopra. Due di esse raccolgono brani provenienti dalle varie regioni di quell’area: la terza è questa, dedicata esclusivamente alla Scozia e al suo panorama musicale.
Le prime (celebrative dei 25 anni dell’etichetta Green Linnet) sono molto gradevoli: raccolgono brani eseguiti da artisti del calibro di Kornog, Capercaillie, Milladoiro ed altri, compresi i Tannahill Weavers.
Qua e là le atmosfere sono un po’ da musica new age ma, in fondo, non sono pesanti e non stancano l’ascoltatore.

La terza raccolta, invece, in alcuni punti è davvero insopportabile: un misto di country, liscio e hawaiana in lingua gaelica che, a sentirla, ti vien voglia di imparare il tiro al piattello (dove il piattello, ovviamente, è la coppia di cd).

Se qualcuno la sentisse prima di qualsiasi altra raccolta o album di musica scozzese, creerebbe nella sua mente una convinzione assolutamente distorta: se mi vado a scolare una birra nel saloon di Cactus Junction o mi diletto in una balera di Cesenatico o mi voglio godere il sole a Honolulu ascolterò questa musica! Che bello!

Tempo fa ho recensito un cd della Temple intitolato ‘A Celebration of Scottish Music’: quello era veramente rappresentativo del patrimonio musicale scozzese, là si sentiva davvero la passione del ricercatore e dello sperimentatore, mentre qui ci troviamo di fronte al folklorismo nei suoi aspetti più nefasti.

Allora (già sento le vostre voci gonfiarsi in un’unica, grande domanda): perché l’hai comprata?! E soprattutto, perché ne parli?

In primis, per la qualità delle altre raccolte comprate in precedenza, delle quali ho già detto, e delle quali aspettavo di trovare la stessa qualità.

In secundis, per le seguenti ragioni:

Queen’s Own Highlanders;

Shotts & Dykehead;

City of Glasgow Police Pipe Band;

Red Hackle

e le dodici tracce complessive, su un totale di quaranta, qui incise dalle suddette pipe band.

Degli altri gruppi e musicisti presenti nel doppio cd non avevo finora sentito parlare, ma sono bastate queste pipe band a dare il via alla crisi dell’acquisto compulsivo.

I nomi parlano da soli. Red Hackle è presente con un solo set, ed è il più ‘debole’ della serie: i tunes sembrano scelti a caso, non danno l’impressione di una sequenza di brani organica e sono eseguiti ad un livello tecnico inferiore (almeno una caratteristica positiva si può trovare: ‘The Massacre of Glencoe’, con cui inizia il set, è l’unico tune eseguito a due voci).

Per il resto, il discorso cambia. Le tracce contengono dei brani trascinanti ed emozionanti oltre ogni dire.
La compattezza delle compagini si fa sentire nel suono pressoché privo di sbavature e imperfezioni e nella maestria nel padroneggiare i tempi di esecuzione e la tecnica del suonare in gruppo. Fa piacere ascoltare brani come ‘Came by Atholl’, eseguito con grande scioltezza da Shotts & Dykehead, o (dalla stessa pipe band) il set ‘Donald Cameron/Cameronian Rant/Pretty Marion’, o ancora l’arcinoto ‘Scotland the Brave’, baldanzoso nell’esecuzione della City of Glasgow. E chi vuole può confrontare quest’ultima formazione con Red Hackle in ‘The Jolly Beggarman’, per capire le differenze di stile tra le due pipe band.

La resa delle incisioni è brillante e si può apprezzare il risalto dei bordoni nelle incisioni della Shotts & Dykehead. Essi infatti non sono troppo ‘discreti’ nell’accompagnare i chanter, né troppo invadenti; al contrario, si trovano appena un pelino al di sopra dei chanter stessi, tanto da dar loro più forza e vigore e far risaltare maggiormente i rapporti armonici tra gli uni e gli altri. Questo aspetto viene particolarmente esaltato nella resa sacrale e processionale di ‘Flowers of the Forest’.

Lo stesso per quanto riguarda la sezione ritmica delle band.

Il risultato finale è, come detto, trascinante; e, una volta sicuri che qualcosa di valido, in un prodotto, c’è comunque (come in questo caso), vale la pena ogni tanto rischiare e spendere quei soldi (neanche tanti, per la verità: e se siete in grado di impostare il vostro lettore e selezionare solo quelle tracce, avrete infine ottenuto il contenuto di un solo cd a basso prezzo).

In sostanza, farete come si fa di solito quando si compra un giornale o una rivista: si ritaglia l’articolo che interessa e si butta via il resto.