GRAND CONCERT of PIPING – nn. 1, 2 e 3

Con una splendida selezione di brani tratti da quattro concerti organizzati dalla Lowland and Border Pipers’ Society, questi tre cd della Greentrax ci fanno fare un viaggio nello spazio e nel tempo. Come vedremo, infatti, i musicisti ospiti non sono solo esponenti di punta del piping scozzese, ma anche artisti provenienti da altre parti del mondo e con un repertorio che affonda le sue radici molto indietro nei secoli.

 

Hamish Moore, allora presidente della Society, ebbe la felice idea di chiedere alla Greentrax di registrare il concerto che si sarebbe tenuto il 10 novembre 1995 presso la Old Royal High School di Edimburgo. In quell’occasione si esibirono Gordon Mooney alle Border Pipes, Martyn Bennett e Iain McInnes alle Small Pipes e Angus McColl, Gordon Duncan e Allan McDonald alle Great Highland Bagpipes. 
 
Lo capite, sono nomi di grande prestigio; Gordon Mooney, tra l’altro, si esibisce con la moglie Barbara ai flauti: si tratta di una coppia ormai consolidata e molto apprezzata, anche all’estero. In questa occasione, con Nigel Richard al cittern (cetera) e Steve Moffat al violino, danno vita a una formazione abbastanza tipica.

Ecco, questo è il punto: tutto l’album ha qualcosa di ‘tipico’: sostanzialmente si tratta di musica scozzese eseguita su strumenti della tradizione scozzese, come abbiamo sentito in varie altre occasioni. Attenzione: non è un ‘già visto’, una ripetitiva proposta di formule ormai vecchie. Si tratta pur sempre di un evento di altissima qualità artistica! Semmai, rientra in uno schema classico e già collaudato.

L’evento fu infatti molto apprezzato, al punto da venire bissato l’anno successivo, precisamente l’8 novembre 1996.

 

Ma in quell’occasione (testimoniata dal secondo album della ‘trilogia’), qualcosa cambiò.

A partire dalla nazionalità dei musicisti: solo Malcolm Robertson, infatti, è scozzese, mentre gli altri sono: tre suoi compagni dell’irlandese St. Laurence O’Toole Pipe Band; Patrick Molard, bretone; John McLean, di Cape Breton, Nova Scotia; Franco Melis e Orlando Mascia, dalla Sardegna, che affrontano tre danze tradizionali alle launeddas.

Ecco l’altra differenza: oltre alle ghb, possiamo udire i suoni di strumenti appartenenti ad altre tradizioni musicali.

Vorrei spendere due parole proprio sulle launeddas, forse lo strumento più lontano da tutti gli altri aerofoni presenti nei tre album, sicuramente il più arcaico.

Sostanzialmente, si tratta di tre chanter di canna (due per la melodia e un bordone) ad ancia semplice. Non sono provvisti di sacca: il cavo orale dell’esecutore funge da otre, che viene costantemente rifornito di aria tramite la respirazione circolare. Per oltre venticinque secoli (la testimonianza più antica è una statuetta in bronzo, risalente al VI-V secolo a. C.) hanno accompagnato la vita delle popolazioni sarde.

Ma dopo la Seconda guerra mondiale e l’invasione dei mass-media, hanno rischiato l’estinzione: solo il coraggioso e appassionato lavoro di alcuni artisti ‘storici’ (uno tra tutti, Luigi Lai) ha permesso alle launeddas di sopravvivere e rifiorire, e tornare ad accompagnare danze, matrimoni, feste religiose.
A dispetto, come dicono le note di copertina del cd, dell’ “assurda politica del governo che continua a impedire la diffusione della musica tradizionale nelle scuole, nei conservatori, tramite la radio e
la TV pubblica ecc.”.

Sono parole scritte nel 1997, ma ancora tremendamente attuali. Non vi ricordano altro?

Torniamo alla Great Highland Bagpipe: quattro membri della St. Laurence O’Toole Pipe Band (il P/M Terry Tully, John Reville, Gerry Hanlon e Malcolm Robertson), nei tre set di brani, danno vita a una esecuzione a più voci, e per questo (ma non solo, naturalmente!) brillante, gioiosa e trascinante. Malcolm proporrà, più avanti, tre set di jigs, slides e polkas alle small pipes.

Altro piper di rilievo è John McLean, che forse a noi dice poco, ma che invece ha alle sue spalle una storia di tutto rispetto. La sua famiglia, infatti, conta ben sei generazioni di pipers, dancers e fiddlers e parla tuttora correntemente il gaelico: il primo approccio di John con la ghb risale all’età di undici anni, la sua prima formazione è avvenuta tramite il canntaireachd, l’antica forma di trasmissione orale; ha vinto numerosi premi in Nord America.

Patrick Molard (small pipes e biniou) offre tre set di danze e arie bretoni. Gli appassionati italiani lo conoscono per essere stato, per vari anni, il piper nel gruppo di Alan Stivell (e poi di Dan Ar Braz). Ha fatto parte di diverse formazioni e ha appreso la poesia del pibroch da Robert Brown e Robert Nicol (i famosi ‘Bobs of Balmoral’), i cui tutorial (le incisioni delle loro lezioni) sono ormai dei classici, e sono stati ripubblicati in una serie di dieci cd dalla Greentrax.

 

Se in questo secondo album sono presenti delle differenze vistose rispetto a primo, nel terzo esse sono ancora più marcate. Irrompe infatti, nelle prime tre tracce, una musica più ‘moderna’, con la presenza del sassofono di Fraser Fifield in coppia con Finlay McDonald, e la presenza di sette brani di cui uno solo è un traditional. Chiaramente, non è un difetto: Fraser è abile sia con il sax che con le border pipes, e i duetti con Finlay sono semplicemente magnifici.

Nelle tre tracce successive, invece, lo scenario è esattamente l’opposto: il duo ‘Misericordia’ (Anne Marie Summers, low D pipes e G border pipes; Stephen Tyler, ghironda) sono specializzati in musica medioevale. I brani proposti sono due danze italiane (Trotto e Saltarello, tipiche dell’Italia centrale) e due canti di pellegrinaggio tratte dal Libre Vermeill de Montserrat, ‘Imperayritz de la Ciutat Joyosa’ e ‘Los Set Goytz’.
Sono tutti brani del XIV secolo, arrangiati dal duo in modo decisamente affascinante: qui sia l’amante dei suoni delle cornamuse sia l’intenditore di musica antica provano lo stesso piacere nell’ascoltare i due giovani artisti.

Seguono dei tradizionali asturiani eseguiti da Xuan Muñiz, gaita, e Simon Bradley, violino, entrambi componenti del celebre gruppo Llan de Cubel. Con la loro presenza si completa il panorama musicale per… a questo punto si dovrebbe dire ‘aerofoni a sacco della tradizione europea’, dato che Fifield e McDonald si dedicano a un repertorio moderno con chiare venature jazz, i Misericordia guardano al Medio Evo e la coppia Muñiz/Bradley ‘parla’ asturiano. Solo la presenza di Rory Campbell, accompagnato alla chitarra da Malcolm Stitt, ci riporta in Scozia.
Ma anche lì, c’è una sorpresa. Rory infatti si esibisce alle border pipes. Qual è la sorpresa? Che (contrariamente a quanto ci potremmo aspettare) lui non suona
la Highland bagpipe! Anzi, non si sente in tutto il disco. Esso è infatti giocato sulle sonorità e i timbri di altri strumenti, lascia ad essi l’intero spazio, dopo che (nei due precedenti) la ghb ha avuto una posizione di rilievo, anche se non assoluta.

Ok, ho scritto troppo, veniamo al dunque. L’originalità di questo ‘trittico’ sta nel dare la possibilità di ascoltare e apprezzare una vasta gamma di suoni, nonché di artisti estranei alla cosiddetta cultura celtica. Non a caso il primo volume si intitola ‘Grand Concert of Scottish Piping’, mentre gli altri due ‘Second’ e ‘Third Grand Concert of Piping’, senza più l’aggettivo ‘Scottish’.

Non è frequente trovare una combinazione del genere in un prodotto discografico oltremanica, come da noi è più facile trovare album dedicati alle zampogne, alle pive, alle ciaramelle… magari alle uillean pipes, ma non altrettanto alle border, small o great Highland pipes.

Motivo di più per provare una inconsueta esperienza di ascolto, dove le launeddas si incrociano con la musica di Cape Breton, il Medio Evo al sax e (per quanto riguarda la Nobile Signora) tre giganti offrono un esempio impareggiabile della loro arte interpretativa.