PIPING AL FEMMINILE n.1 – GILLIAN CHALMERS

Il numero 40 di ‘Piping Today’ ha dedicato alcuni servizi a due giovani protagoniste del piping moderno. Sono due volti a noi noti: si tratta infatti di Gillian Chalmers e di Emma Buchan, che hanno lavorato con noi in qualità di tutor “tirocinanti” nelle edizioni 2007 e 2009 della Spring School di Isernia.

Il 7 luglio di quest’anno Gillian ha conseguito il ‘first class honours’ per il corso di laurea in Scottish Music – Piping del RSAMD: un risultato importante per una musicista che, benché giovanissima, si è già affermata nel panorama artistico scozzese.

La sua tesi riguardava il rinnovato interesse per le Border pipes e il ruolo degli artigiani nel revival. Quello che segue è un estratto del suo lavoro.

 

Secondo l’etnomusicologa americana Tamara E. Livingston, affinché un revival abbia successo sono necessari:
1)    una ‘cellula’ di persone (anche una persona sola, o un gruppo piccolo) interessate al recupero di una tradizione;2)    una o più fonti rintracciabili (per esempio, delle registrazioni storiche);3)    un’ottica di recupero delle tradizioni;4)    un gruppo di persone che getti le basi per la costituzione di una comunità più ampia;5)    l’organizzazione di attività come festivals, competitions ecc.;6)    imprese no-profit e/o commerciali per l’approvvigionamento del mercato del revival.

Non sono ben chiari i motivi del declino di popolarità delle Border pipes, ma si è capito che a ciò ha concorso una serie di fattori, tra i quali una limitata gamma di tonalità, la mancanza di strumenti di qualità, persino l’introduzione di orologi meccanici pubblici che hanno scavalcato la loro funzione di ‘segnali orario’.La rinascita della canzone popolare negli anni ’50 del secolo scorso sembra essere stata di fondamentale importanza, sia per la presa di coscienza della necessità di preservare la tradizione e il patrimonio musicale scozzese che per i tentativi di sperimentazione intrapresi dai gruppi folk, compreso (come avviene oggi) l’inserimento delle Border pipes.Grazie al grande lavoro di ricercatori come Hamish Henderson, gran parte della tradizione orale è stata raccolta e incisa prima che venisse dimenticata e perduta per sempre. L’opera di Henderson ha interessato anche studiosi di altri Paesi, tanto da renderli coscienti del declino della propria tradizione musicale e provvedere alla raccolta, alla pubblicazione e all’incisione del materiale esistente prima che fosse troppo tardi.Purtroppo, le registrazioni originali di Border pipes sembrano troppo poche, e pochi vecchi musicisti (per non dire nessuno) hanno ancora quella curiosità che ha invece mosso pipers del calibro di Hamish Moore. I primi tentativi di recupero della Border pipe sono stati ostacolati dall’impossibilità di trovare strumenti di qualità decente, mentre sono cresciuti l’interesse e la comprensione delle sue potenzialità e il desiderio di farlo uscire dal ristretto ambito degli strumenti solisti.Il recupero del “vecchio stile” è vitale, in quanto parte della nostra storia e della nostra cultura; tuttavia, è stato visto, per certi versi, come causa di stagnazione e fossilizzazione. Sicuramente devono coesistere continuità e selettività (un brano non è necessariamente buono solo perché è antico). Personalmente, preferisco attenermi all’attuale definizione di tradizione, secondo la quale essa deve essere “vitale e di grande respiro”, dando per certo che non esiste una linea di confine netta tra “vecchio” e “nuovo” e tenendo quindi conto del fattore ‘continuità’.
La mente umana è curiosa e indagatrice: perché non dovremmo imparare dal passato? Allo stesso modo, è semplicemente naturale esplorare e sperimentare nuovi brani e altri elementi provenienti da generi e culture diversi. In passato, avevamo un accesso limitato alle influenze esterne, come per esempio le musiche provenienti da altri Paesi, e un altrettanto limitato accesso a qualsiasi cosa si trovasse appena fuori dalle nostre immediate vicinanze. La possibilità di comunicare e di viaggiare e le moderne tecnologie hanno ampliato costantemente i nostri orizzonti e sarà interessante vedere, nei prossimi anni, quanto la produzione artigianale degli strumenti sarà condizionata dalla tecnologia, come sta facendo Stuart McCallum, e quanto dell’artigianato tradizionale sarà ancora ritenuto necessario.
La rinascita della Border pipe sicuramente soddisfa il primo dei punti individuati dalla dott.ssa Livingston, ossia un nucleo di musicisti, collezionisti e storici che aprono la strada. È interessante notare che diverse di queste persone sono diventate artigiani, spinti da qualcosa di più profondo del semplice potenziale commerciale insito nell’attività manifatturiera. L’amore, l’entusiasmo e la rivalutazione dello strumento, oltre alla delusione provata per la scarsa qualità delle pipes antiche, li hanno portati a compiere delle sperimentazioni prima di avviare un’attività artigianale a pieno ritmo.Possiamo ritenere soddisfatto anche il requisito della “capacità di fare impresa”: esiste ora un certo numero di artigiani in grado di soddisfare l’esigenza di avere buoni strumenti. Non esistono così tante attività in altri campi come quella di realizzare profitti dall’organizzazione di festival e corsi dedicati alle Border pipes, o dalla pubblicazione di libri sull’argomento; molte persone vogliono semplicemente suonare, ma ce ne sono diverse che vogliono guadagnarci, suonando in un gruppo. Spesso un imprenditore cerca un’idea per un prodotto o un affare, o per “riempire un buco nel mercato”, avendo come unico obiettivo il guadagno. Non è il caso delle persone che ho interpellato [Hamish Moore, Nigel Richards, Stuart McCallum e Colin Ross, ndt], diventati costruttori per il desiderio di soddisfare principalmente la necessità di avere strumenti migliori.

Gli elementi descritti negli altri punti della scaletta della Livingston continuano ad ispirare pubblicazioni ed eventi intorno alle Border pipes.Sono stata avviata alle bellows pipes [attualmente Gillian suona le Highland e Border pipes, il whistle e il violino nel gruppo folk Bodega, col quale ha vinto il Radio 2 Young Folk Award, ndt] dal Direttore del National Centre of Excellence in Traditional Music, Douglas Pincock, ed ero tra i primi allievi. In precedenza ero la tipica piper solista e membro di una pipe band con una conoscenza minima rispetto a qualsiasi cosa si trovasse al di fuori di questo ambito. Suonare le bellows pipes mi ha aperto nuove strade e adesso ho intenzione di concedermi un range di possibilità molto più ampio.
Penso che il revival della Border pipe abbia scatenato la fantasia di molti musicisti e abbia colmato un divario, restituendoci un’ampia opportunità di esibirsi sapendo di far parte della vasta comunità di musicisti folk piuttosto che essere pipers in un gruppo separato e isolato, dedito solo alle occasioni cerimoniali e alle competitions.

Dopo aver (almeno apparentemente) soddisfatto tutti i requisiti per lo sviluppo di un revival, abbiamo trovato la chiave di volta del successo della riscoperta delle Border pipes? Possiamo dire che questo successo sia completo?
Credo che esso sia stato ottenuto nel momento in cui molti musicisti sono riusciti a fornire il giusto quantitativo di domanda ai costruttori. Lo stesso si può dire per quanto riguarda il raggiungimento del giusto grado di consapevolezza. Ma il successo dell’operazione sarà completo solo se verranno soddisfatti i princìpi di ricerca, continuità e scoperta; solo il tempo potrà dirci se questo sarà avvenuto.
Quale sarà il ruolo dell’artigiano? Secondo me sarà sicuramente cruciale, dato che la buona qualità di uno strumento è fondamentale per la sua popolarità e per stimolare il desiderio di suonarlo.
Ma la disponibilità di uno strumento di buona qualità non è di per sé sufficiente a far nascere un revival, né il solo fatto di essere disponibile sul mercato è un incentivo a comprarlo e studiarlo. Sono necessari anche altri elementi.Ed è poco probabile che un revival possa aver successo se nasce con scopi esclusivamente commerciali. L’entusiasmo e la dedizione di tutti i costruttori che ho intervistato è stata tanto importante quanto lo strumento in sé (che, ripeto, da solo non spinge nessuno a comprarlo, cioè  muovere un mercato).
In conclusione, rispetto all’idea che un progetto di revival debba fare capo ad una “cellula” comprendente un “attivista”, un ricercatore e un professionista pragmatico, si può dire che esistano persone come Hamish Moore, che racchiudano in sé tutte queste qualità? Sicuramente sì, altrimenti un revival di questo tipo avrebbe scarse possibilità di riuscita.