The Piper’s House – 2°

(seconda parte)

La “longhouse” è, in sostanza, la combinazione tra un’abitazione civile e un rifugio per il bestiame, soprattutto mucche e vitelli, dove i due spazi comunicano tra loro. Un edificio come questo è tipico di un sistema economico basato sull’allevamento: le mucche venivano alloggiate nella “dwelling-house” e godevano del calore e del riparo della casa; venivano foraggiate con erba, fieno e paglia e questo assicurava, nei mesi invernali, una maggiore riserva di latte quando il nutrimento era più scarso.

La casa venne ristrutturata, nel secolo scorso, da Donald McFarlane McLeod, nato a Rona verso il 1901. Probabilmente era pastore presbiteriano della chiesa locale. L’edificio venne allora usato come luogo di riunioni religiose ed era largo abbastanza per ospitare la piccola congregazione di fedeli del posto. Si ritiene che l’attuale casa sia stata costruita esattamente su quella, più antica, abitata dalla famiglia McKay, e ne abbia inglobate molte parti. Si tratta quindi di un reperto straordinario e significativo e ha ancora molto da dire sul piper e sulla sua vita. In essa, tra il 1792 (anno in cui vinse la Highland Society of London Competition) e il 1823, John crebbe i suoi nove figli.

È possibile ricostruire l’aria che si respirava nella Piper’s House a partire dai manoscritti di Angus, basati sul canntaireachd del padre; in particolare, il cosiddetto Seaforth Manuscript e la Collection of Ancient Piobaireachd del 1838. Insieme al Lady D’Oyly Manuscript, ci forniscono una importante messe di ceòl mòr, arie e danze provenienti da Raasay e Skye: tutti brani che venivano eseguiti, studiati e arrangiati nella longhouse dei McKay.

I settings di Angus hanno influenzato le successive pubblicazioni di cèol mòr e hanno gettato le basi per gli standard del XX secolo. I suoi settings sono meno ornati di quelli, per esempio, di Donald McDonald e Angus McArthur. Ma anche nella cèol beag il suo lavoro è stato fondamentale. Dopo la pubblicazione di A Collection of Ancient Piobaireachd (1838), si dedicò alla revisione di una pubblicazione realizzata da William McKay nel 1840. Più in là nel tempo, rimise mano al suo stesso lavoro e lo ampliò: vide così la luce The Piper’s Assistant: A Collection of Marches, Quicksteps, Strathspeys, Reels and Jigs. La sua intera opera, divisa tra manoscritti e volumi stampati, conta circa 500 brani. Le sue migliori composizioni apparvero in raccolte successive alla sua morte, e molte di esse fanno parte del repertorio di molti pipers.

Per gran parte del XIX secolo, si prestò molta attenzione alla standardizzazione della musica per cornamusa. Le prime raccolte risentono dell’influenza di quelle, precedenti, dedicate al violino, fin quando non apparvero e si imposero i volumi della Piobaireachd Society e le pubblicazioni del P/M William Ross lungo l’arco di un secolo, fino ai primi decenni del ‘900.

Angus stesso arrangiò brani precedentemente pensati per il violino. Ma si ritiene che un buon venti per cento dei tunes apparsi sul Piper’s Assistant siano stati elaborati a partire dal loro ascolto diretto a Raasay, e non, indirettamente, da altre pubblicazioni, mentre altri derivano da canti in gaelico.