(terza parte)
La pittura di quel periodo, sia locale che a livello europeo, ci mostra diverse opere in cui sono ritratti dei pipers; non si tratta però, nella quasi totalità dei casi, di personaggi realmente esistiti, ma di figure all’interno di un’allegoria, oppure di descrizioni di tradizioni e costumi del tempo; in molti casi le stesse pipes non sono rappresentate in maniera realistica. Al contrario, Angus McKay è stato raffigurato in maniera molto precisa e dettagliata; grazie ai numerosi ritratti, possiamo vedere qual era la sua figura nella prima metà del XIX secolo.
Il primo esempio è il dipinto di Alexander Johnston raffigurante Angus con le sue Prize Pipes vinte nel 1835 alla Highland Society Competition [il dipinto è stato utilizzato come copertina del numero 51 di Piping Today, ndt]: è chiaramente visibile la placca argentata fissata nello stock del chanter. Lo stesso dettaglio si può notare in un’incisione del 1784 e nello strumento realizzato da Hugh Robertson nel 1802. Rispetto ad altri quadri dell’epoca, a grandezza naturale, questo ritratto misura appena 90,2 x
Un secondo ritratto era stato commissionato nientemeno che dalla regina Vittoria a William Wyld nel 1852: si tratta di un acquerello realizzato, insieme ad altri, per illustrare la vita della famiglia reale a Balmoral. Il ritratto ha molto in comune con l’opera di Johnston (e ad altre simili); tutto il contrario dell’incisione sul frontespizio di The Highland Bagpipe, un volume del 1901 di W. L. Manson, in cui la cornamusa è una imitazione grottesca di uno strumento reale.
Per inciso, l’interesse della regina per tutto ciò che fosse ‘Highland’ ha prodotto uno dei più belli e famosi ritratti di piper: quello di William Ross, del 1866: fa parte di una serie commissionata a Kenneth McLeay e pubblicata nel 1870.
Secondo la tradizione,
Tra il 1823 e il 1824, la famiglia McKay si trasferì a Drummond Castle, Crieff, prendendo servizio presso Lord Willoughby D’Eresby. Il viaggio avvenne a piedi, con tutti gli averi trasportati in quattro ceste a dorso di due Highland ponies. Non si sa fino a quando l’anziano piper rimase a Drummond Castle, ma già nel 1840 si era ritirato e viveva a Kyleakin.
John McKay morì nel 1848, all’età di 81 anni: un’età decisamente ragguardevole per l’epoca, ma i casi di longevità nelle famiglie dei pipers sono tutt’altro che rari. Già nel 1790 il reverendo Malcolm McLeod scriveva che “in generale, l’aria non è affatto insalubre, e la longevità delle persone conferma questa opinione… molti sono gli ultraottantenni che vivono nella regione”.
Una curiosa ma molto interessante nota biografica è stata scritta da Angus su un foglio, conservato oggi insieme ai suoi manoscritti presso
“Questa è una breve descrizione della famiglia di mio padre, John McKay, comunemente detto Iain Mac Ruairidh di Eyre in Ratharsair, Isola di Skye. Rimase orfano, insieme a una sorella; fu cresciuto da Malcolm McLeoid, comunemente detto Fir Aoighre. Trovò impiego come mandriano &c. Fir Aoighre suonava
Angus è abbastanza chiaro riguardo le origini modeste della famiglia, ed è credibile quando parla dell’impiego di John come mandriano. Il testo ci fornisce un dettaglio fondamentale, quando descrive suo padre, autodidatta, alle prese con lo studio su un chanter artigianale.
La sorella di John, Catriona, raccontò una volta di aver sentito il suono di una cornamusa provenire da una nave sullo stretto, e riconobbe lo stile del fratello. Catriona non sapeva però che sulla stessa nave c’era un altro piper, che osservò attentamente John, imparò il brano che stava suonando, lo arrangiò alla sua maniera e lo eseguì ad una competition, nella quale vinse.
Il piper in questione potrebbe essere stato il figlio Donald. Comunque sia, l’episodio ci svela una caratteristica del piping del tempo: l’apprendimento tramite l’osservazione attenta e diretta, a volte ‘clandestina’. E si può comprendere perfettamente, visto che stiamo parlando di un’epoca in cui gli spartiti erano ancora poco diffusi. L’apprendimento di un brano avveniva, come si suol dire, “off his fingers”, ossia combinando l’osservazione delle dita del maestro e l’ascolto del brano così come veniva fuori da esse.