The 10th Batallion H.L.I. Crossing the Rhine a cura di Alberto Massi
6/8 March
le marce in 6/8 hanno un andamento tipicamente ondulato, che a detta di molti si adatta
perfettamente al movimento del kilt durante la marcia.
Abbandonando la poetica del kilt vediamo come questo effetto viene prodotto.
Innanzitutto ricordiamoci che il ritmo 6/8 rappresenta il tempo COMPOSTO del 2/4 e NON, come
alcuni pensano, del 3/4. Questo implica due cose fondamentali: la prima è che ogni misura sarà
comunque divisa in due battiti, e la seconda che ciascuno di questi battiti sarà diviso in tre.
Dando un’occhiata allo spartito si nota infatti che ogni misura è graficamente “divisa in due”, e
molto spesso si tratta di due gruppi di tre note ciascuno; quando non lo è il motivo è la presenza di
una nota lunga che assorbe più di un terzo del battito, tipicamente una nota lunga 1/4.
Concentrandoci sui gruppi di tre note legati assieme – solo nel primo rigo ne troviamo sei –
potremo capire la chiave interpretativa di questo tipo di brano. Le tre note sono diverse l’una
dall’altra ed essere in grado di esprimere questa differenza correttamente ci garantirà la buona
riuscita della nostra esecuzione.
Le tre note sono usualmente un ottavo col punto, un sedicesimo e un ottavo. A volte questi tre
elementi sono posti in un ordine diverso, ma quasi mai l’ultimo ottavo che rappresenta la “chiave”
di legame tra i gruppi. Abbastanza comunemente si trova invece il sedicesimo come prima nota e
l’ottavo puntato come seconda: in questa marcia lo troviamo all’inizio della seconda misura nella
2^, 3^ e 4^ frase. Torniamo comunque alla disposizione più comune.
Queste tre figure sono correlate tra loro secondo una proporzione precisa: la prima (ottavo puntato)
è il triplo della seconda (sedicesimo), l’ultima (ottavo semplice) è il doppio della seconda.
Dobbiamo essere in grado di esprimere questa differenza di lunghezza in modo chiaro. Nel tentare
di suonare questo gruppo possiamo incorrere in due errori principali:
1. La nota col punto è suonata troppo corta, come se non avesse il punto.
2. L’ottavo finale è suonato troppo corto, come se fosse un sedicesimo.
Scegliendo di suonare lentamente potremo dare alle tre note il valore giusto e creare così un
“automatismo ritmico” che poi potremo replicare anche a velocità maggiori.
Analizziamo adesso il brano nelle sue componenti in modo da evidenziare i punti “critici” legati
alla sua esecuzione.
STRUTTURA
Il brano ha una struttura molto semplice. Ha 4 parti ognuna delle quali viene ripetuta due volte,
senza variazioni fra la prima e la seconda volta. All’interno di ciascuna parte troveremo 4 frasi,
ciascuna della lunghezza di 2 misure, a cui attribuiremo una lettera. Lo schema di ciascuna parte,
peraltro comune a tantissimi altri brani è:
A1-B1-A1-C
A2-B2-A2-C
A3-B3-A3-C
A4-B4-A4-C.
Un’ulteriore semplificazione è data dal fatto che in questo brano ad eccezione di una piccola
variazione in frase 3 la frase B è uguale in tutte le parti. La frase C, il ritornello, molto spesso non
presenta variazioni nelle differenti parti; a conferma di ciò in questa marcia tutte le frasi C sono
uguali.
Potrete poi trovare altri elementi di simmetria all’interno del brano, ma è preferibile non perdere di
vista la distinzione in frasi di ciascuna parte.
TECNICA
Alcuni elementi tecnici caratterizzano in particolare un brano rispetto a un altro. In questo caso
sicuramente il throw on D, il grip da C a E (il nome delle note, non delle frasi!), il double F anche in
due forme un po’ particolari, l’half doubling (proveniente da High A) e il doubling con la Thumb
gracenote (proveniente da High G). In quest’ultimo caso, soprattutto se si ha intenzione di suonare
il brano in banda, si può tranquillamente sostituire con l’half doubling. I solisti possono invece
approfittare della semplicità del brano per migliorare su questa tecnica.
L’ultimo elemento di rilevo è il gracenote-strike di D, che nello spartito originale (Edcath
Collection Vol.1) è indicato nella sua versione “light”, ossia con lo strike C anziché lowG. Ogni
salista sceglierà quello che preferisce e il Pipe Major della banda darà indicazioni in questo senso.
Comunque lo si suoni, ricordiamoci che il G/S è una forma particolare di doubling e quindi
obbedisce alla stessa regola ferrea, sulla battuta ci va la gracenote e non lo strike; in altre parole,
non deve essere anticipato.
A1: cerchiamo uguaglianza tra i due throw on D e facciamo sentire bene la gracenote su LowA.
Non anticipiamo l’half doubling in misura 2; evitiamo il crossing noise (CN) tre E e D discendendo
da F.
B: il grip tra C ed E deve essere anticipato, ossia “rubare” un po’ di lunghezza a C per poter arrivare
giusti su E. Curiamo l’uguaglianza dei due LowG del grip. Evitiamo il CN tra C ed E (occhio alla D
gracenote!), e anche quello – che abbiamo già incontrato in A1 – nella scala discendente F-E-D.
Nella terza frase, in cui troviamo l’unica variazione presente nella semifrase B, le prime tre note
sono sostituite da un comodo e semplice C lungo tre ottavi.
C: la prima misura è identica a quella di B; la seconda propone un meccanismo classico di finale di
parte, un throw on D seguito dal G/S sempre su D. Attenzione a non anticipare.
A2: Nella intro bar (misura incompleta di introduzione) abbiamo un doubling di HighG,
ricordiamoci che sulla battuta va il piccolo F che precede HighG. Non anticipiamo il doubling di
HighA e curiamo l’equilibrio trale due parti, ritmicamente uguali, della misura. La seconda misura,
che ritroveremo uguale nelle frasi A delle parti successive, propone uno snap, ossia il
rovesciamento della posizione con la nota corta sulla battuta. Rovesciato non significa più stretto,
ma solo… rovesciato. Evitiamo CN.
A3: Teniamo bene sul lungo throw od D iniziale. Niente CN!
A4: Il grip tra HighA è semplice ma spesso sporcato da una mancata simultaneità nella chiusura dei
fori. Al solito, attenzione ai CN.
Buon soffio!
Qui Sotto il link allo spartito