Riflessioni sulla spring school

Abbiamo ricevuto da uno degli allievi della Spring School of Piping, svoltasi a Calambrone nei giorni scorsi queste riflessioni che volentieri pubblichiamo. L’autore ha voluto restare anonimo e rispettiamo la richiesta.

 

 

 

 

 

Eppure c’è qualcosa che non va in questo lunedì di ponte di fine aprile. La sensazione che manchi qualcosa, frastorna la mia lucidità, mi offusca la concentrazione e mi avvolge d’indefinite mancanze. I modesti mq della mia abitazione hanno assunto i connotati di un deserto sconfinato in cui vago senza intravedere punti di riferimento; non odo suoni, né voci dai diversi e colorati accenti regionali. Non ci sono zanzare. Ma che cosa sta accadendo?

Ah già! Non mi trovo più alla Spring School, terminata ieri sera, tra veloci saluti, portiere di auto che sbattevano chiudendosi, valigie che sparivano nei bagagliai, tra promesse di rivedersi e zanzare formato extralarge che non sapevano se entrare nelle macchine di chi stava partendo, continuando a massacrare la solita vittima, oppure scegliere nuove prede, restando a “casa” loro, nel parco del Cenacolo, a Calambrone, dove si è svolta l’Italian Spring School 2018.

Questa edizione è stata speciale, più speciale delle altre edizioni, già speciali. E non sto esagerando! I numerosi messaggi di saluto, di scherzo, di richieste di rivederci presto, che tutt’oggi si susseguono sul gruppo Whatsup della Spring 2018, confermano che non stia esagerando. Abbiamo goduto della reciproca compagnia, siamo stati bene insieme, molto bene e quelli che potevano sembrare quattro lunghi giorni d’intenso studio, sono invece svaniti, quasi senza preavviso, nella fretta del tempo, che, bieco e perverso, corre sempre quando “sta bene”. Sono scomparsi prima ancora che vi ci sentissimo protagonisti. Sono stati vissuti però. Sono stati registrati sulla nostra linea del tempo, annoverandovi la cronologia di un attivo e avvincente lungo week-end; ci hanno lasciato la foto ricordo della memoria, che, almeno a me, in questa giornata uggiosa, rimanda a elettrizzanti immagini, colori e suoni dei quattro giorni vissuti a Calambrone con i maestri e con gli amici pipers provenienti da ogni angolo dello stivale: dalle Alpi Orobiche alla SiGilia, dal Vesuvio all’Adriatico e non solo!! C’erano tra noi anche pipers d’oltralpe, dall’Austria e un piper spagnolo di Barcellona, che, per la gioia del maestro Alberto non parlava né inglese, né italiano e la lezione aveva bisogno di tripla traduzione, di tripla ripetizione della spiegazione appena fatta.

È proprio la pluralità di provenienze geografiche ed esperienziali che ha arricchito la Spring 2018, con poliedrici apporti personali, culturali e folcloristici che non stancavano mai perché ad ogni “a dopo” seguiva un “ciao, come va?”, “da quanto tempo suoni?”, “chi sarà il nostro insegnante alla prossima lezione?” “xxx queste zanzare! A me hanno massacrato. A te?”. Abbiamo socializzato, ci siamo aiutati, sostenuti a vicenda… soprattutto passandoci in continuazione l’Autan come se fosse stato il Calumet della pace. Tuttavia, non ci siamo scambiati soltanto prodotti anti-ditteri urticanti, ma, spontaneamente, anche suggerimenti per come dipanare quel passaggio sullo spartito o, semplicemente, confidenze o racconti sul nostro lavoro, sui nostri animali domestici, sulla cornamusa.

Era bellissimo vedere e sentire gli studenti della Spring 2018, sulle panchine che punteggiavano il verde brillante del parco dell’alloggio, ognuno in un proprio spazio, produrre un alveare di suoni, rotto ogni tanto dal lamento di una cornamusa che faticava ad accordarsi o dalla voce del compagno di gruppo che ci chiamava per l’inizio della lezione successiva.

La suddivisione in gruppi di livello, credo sia stato uno degli aspetti organizzativi che abbia maggiormente contribuito al successo della scuola. Ha permesso a ciascuno di noi di lavorare con compagni del nostro stesso livello, al nostro livello, di ricevere input stimolanti e non frustranti perché troppo alti, o troppo bassi e conseguentemente, di apprendere, di scandire in modo preciso e funzionale il tempo della didattica. L’ora successiva all’insegnamento col maestro, impiegata per la pratica individuale, è stato un esercizio fondamentale per innescare una riflessione sul brano studiato, per capirlo, per innamorarsene o per sciogliere quel passaggio arduo che davanti al maestro, proprio non voleva venire.

Del fornitissimo plico di brani che ci è stato fornito, il mio gruppo ha studiato quattro/cinque  tunes, ripetutamente presi in mano durante le sessioni di studio mattutine e pomeridiane coi nostri maestri: il nostro eccelso maestro Alberto Massi, il maestro Wilson Brown, insegnante del National Piping Centre e il maestro dei maestri, Roddy Macleod, sì, proprio lui, insieme a noi. Deve essere stato proprio così l’Olimpo ai tempi di Zeus!

La magistrale qualità dell’insegnamento ha permesso a noi studenti di ricevere spunti e consigli didattici, ha attivato riflessioni utili a migliorare il suono che esce e uscirà da quegli strumenti di tor…ehm, dalle nostre cornamuse.

Ci siamo anche divertiti tanto, come se fossimo tornati a quell’età senza tempo, quell’età in cui il tempo era soltanto l’intervallo tra un compleanno e un altro. Non pesava. Non intimoriva. E così è stato tra le stanze di studio del Cenacolo, nel giardino della struttura ospitante, tra i tavoli del ristorante, la cui resistenza è stata comprovata dalle numerose mani che vi battevano implacabilmente il tempo dei numerosi “Brindisino” cantati a squarciagola. Anzi! Tale inno dei ritrovi dei pipers italiani, ha assistito a un’evoluzione. Sono nati dei medley addirittura. “Dei”, non “uno”… nota bene. E intanto si beveva e si rideva. E si ri-beveva. Si scherzava col compagno di tavolo, con quello della tavolata di fronte, a cui si doveva leggere il labiale per comprendere quanto esprimesse, a causa del chiacchierio di numerosi decibel che annullava ogni tentativo di comunicazione a una distanza superiore a venti cm.

Credo che anche i maestri si siano divertiti, soprattutto quando cercavano d’insegnarci a muoverci come pipe band, a marciare e poi a formare il cerchio nello stile delle bande dei Worlds. Credo abbiano assistito a scene che neanche le loro fantasie tragicomiche più ardite avrebbero mai osato immaginare!

Abbiamo conosciuto nuovi amici pipers, abbiamo curiosato sugli aggiornamenti personali di coloro che già conoscevamo. Non sono mancate dissertazioni filosofiche, né discorsi meno signorili durante le nostre passeggiate mattutine sulla spiaggia, cullate dal ritmo soffice e cadenzato dell’acqua del mare che si appoggiava delicatamente alla riva. Non è mancata una suonata in riva al mare, al tramonto, un’esperienza fantastica. E’ stata l’unica volta che per cena non abbiamo assalito il ristorante: non ci saremmo mai spostati dal fianco dell’acqua vellutata e colorata di arancione dal sole che andava a nascondersi sotto la linea dell’orizzonte, se il nostro maestro non ci avesse esortati, con le sue maniere… convincenti, a rientrare per la cena. E lo abbiamo fatto suonando e marciando in ranks! Avete mai suonato, marciando sulla sabbia? Vi lascio intuire la fluidità dell’azione!

Tutto è filato per il meglio, anche la cucina che in passato ci aveva spesso lasciati con un parere sospeso tra il no comment e il però, ha garantito pareri privi di avverbi avversativi, anzi! Il baccalà alla livornese del pranzo ultimo giorno meritava quasi una menzione di lode.

Il successo del ritrovo è stato assicurato dalla cura dell’organizzazione, dalla qualità dell’insegnamento, certamente, ma anche alla voglia dei pipers di condividere le loro esperienze musicali, di stare insieme e di credere nello spirito di condivisione che c’insegna il nostro maestro insieme ai fondatori del piping italiano.

Il “grazie a tutti” è scontato e ce lo siamo ripetuti tante volte. Preferisco un “a presto”. Ci conto.